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Cari amici innanzitutto è bene che mi presenti.…mi chiamo Emilio Carra e sono nato nel 1948.

Mi sono diplomato geometra nel 1967, ma già prima di finire gli studi ero attratto dai veicoli da competizione. Fu così che cominciai ad approfondire le mie conoscenze specifiche spendendo quelli che per le mie tasche di allora rappresentavano dei veri  capitali in libri di tecnica automobilistica, di costruzioni meccaniche, di tecnologia etc., fino a formarmi una base di conoscenze tale da permettermi disviluppare i miei dei progetti e renderli concretamente realizzabili.

Costruire una macchina era il mio sogno,  non era una cosa che potevo fare in cantina con i mezzi dei quali disponevo, così cominciai a pensare ad una moto. Intanto mi ero avvicinato al trial e avevo avuto le mie prime esperienze trasformando un Fantic Caballero 50 e successivamente un Bultaco Lobito in moto da trial per mio fratello Claudio che dimostrava una istintiva ottima predisposizione alla guida .

Dopo aver posseduto una Ossa M.A.R. 250 ed una Montesa 348 passai alla  Bultaco: fu a questo punto che mi resi conto della superiorità tecnica di questa marca  nel settore trial e finii per acquistare una Sherpa T della serie 199 : avevo per l’epoca raggiunto il massimo, avevo in mano una moto come quella con la quale Bernie Schreiber aveva vinto il mondiale, e mi rendevo conto a questo punto di quanto sarebbe stato affascinante realizzare alcune idee che avevo in testa, facendo tesoro dell’esperienza tecnica acquisita analizzando ogni particolare di quella bellissima moto.

Nel frattempo avevo realizzato il mio primo prototipo: un cinquantino con motore DEMM a quattro tempi con cambio a tre marce  sospeso ad un telaio a traliccio, sospensione posteriore monocross e forcella ad aria; si trattava di una vera moto da trial ridotta in ogni misura del 20% e del peso complessivo di 39kg.


La chiamai KIM. Ne ero molto soddisfatto: mio figlio.Gabriele a sette anni aveva a disposizione un mezzo davvero unico e, anche se ciò lo faceva sentire un po’ un marziano di fronte ai suoi coetanei che ignoravano cosa fosse il trial, imparò a guidare ottimamente. In seguito passerà al trial in bicicletta dove diventerà dal 1988 Campione Italiano assoluto, ma questa è un’altra storia…

A questo punto mi sentivo pronto; già da tempo ci stavo pensando e così mi misi al tavolo di disegno per buttare giù il progetto della PUMA: una 320cc completamente nuova. Innanzitutto il motore: scelsi il TAU, anche  per la disponibilità e l’interesse dimostrati nei miei confronti dall’ing. Trivelli che in quel periodo stava già fornendo dei motori alla francese JCM, la quale provvedeva in proprio  a realizzare il cilindro. Anche la Valenti era in trattativa con la TAU per avere i motori da trial, ma non era ancora stata sviluppata la parte termica di questo propulsore, per questo mi fu dato un basamento del 250cc da regolarità con volani appesantiti e accensione elettronica DANSI, con alesaggio 81,8 per una cilindrata pari a 316cc. Studiai il diagramma e la disposizione delle luci e in base ai miei calcoli fu realizzato un prototipo con la canna in ghisa.

Il disegno del cilindro si dimostrò pienamente azzeccato: l’erogazione di potenza era ottima, morbida e continua come si voleva con un ottimo livello di potenza come confermarono le verifiche al banco dinamometrico effettuate successivamente in fabbrica.

Intanto io avevo preparato il telaio utilizzando tubi in acciaio al Cromo Molibdeno della Columbus e  la parte ciclistica  comprendente una  forcella Betor, ammortizzatori Corte e Cosso e mozzi Grimeca con un inedito tamburo anteriore a doppia camma.

A questo punto misi insieme la moto per poterne collaudare il potenziale, quindi invitai l’amico  Giulio MAURI che già da tempo effettuava le prove per la rivista MOTOCROSS a darmi la sua opinione. Venne a trovarmi in una giornata uggiosa che sapeva tanto di trial, salì sulla moto che mancava ancora di tutte le sovrastrutture, e quando ne ridiscese dopo un breve test disse che “non aveva mai provato un prototipo già così perfettamente a punto. Questo mi bastava, tali e tante erano le soluzioni anticonvenzionali del mio progetto che io stesso a volte mi ero posto dei dubbi: il motore inclinato in avanti, il telaio a diamante con il cannotto direttamente collegato con il perno del forcellone,…..tutte cose che sono entrate nell’evoluzione tecnica avvenuta negli ultimi anni nel settore trial, ma che allora erano nuove e quindi difficili da capire, e a volte difficili anche da spiegare. Ma la cosa funzionava , e funzionava anche bene! .

L’ing. Trivelli fece realizzare i cilindri con la canna cromata per il motore TAU 320 trial identici al mio prototipo, e questi andarono ad equipaggiare le moto dei suoi clienti:  particolarmente la Valenti e la francese JCM che ne continuò  direttamente l’evoluzione.

La moto fu presentata alla Due Giorni della Brianza il 12 felbbraio 1983, e, purtroppo, fu presentata con gli adesivi Maico per il semplice fatto che l’importatore della casa tedesca Portelli si era dimostrato intenzionato a dare un futuro al prototipo, dato il rapporto di collaborazione che già esisteva tra lui e la TAU per la realizzazione di un motore 125 da cross……non se ne fece nulla, ma intanto grazie alla mia ingenuità comparve  sui giornali la mia moto con un adesivo Maico sul serbatoio, solo quello era Maico….ma tant’è …come sempre è più importante la forma che la sostanza….

L’interesse fu comunque notevole, e si dimostrarono interessati soprattutto i piloti migliori, ma il trial era già diventato importante in Italia, e  se non si poteva contare su una forte organizzazione alle spalle: non mi era possibile sostenere l’ingaggio di uno di loro e l’onere di una stagione di gare. Intanto la Garelli aveva deciso di entrare in campo e, tramite gli amici della MT, ebbi modo di sottoporre il mio prototipo ad un esame da parte dei responsabili del reparto corse. La moto piacque, ma tra i tecnici c’era Dario Seregni che aveva idee più tradizionali maturate con le esperienze avute con la SWM e suffragate dalla vittoria ottenuta nel 1981 nel Campionato del Mondo, inoltre la Garelli era in procinto di acquisire la Hiro Motori, pertanto il Tau non andava bene, infine forse pesò quella scritta Maico apparsa sul serbatoio il giorno della presentazione, fu così che la moto mi fu restituita con tanti complimenti e tante grazie; restò comunque  vivo un ottimo rapporto  in virtù del quale mi fu affidato un motore Garelli da 50cc dal quale partire per realizzare un ciclomotore da trial.

Questo nuovo prototipo venne pronto nel marzo del 1985 e fu chiamato Monkey. Il telaio era formato da una struttura tubolare incrociata con motore portante, la sospensione posteriore era monoammortizzatore ad azione progressiva. Dovetti lavorare parecchio sul motore per adattarlo all’uso trialistico sostituendo la trasmissione primaria, l’imbiellaggio ed il cilindro al quale fu applicata l’ammissione lamellare; alla fine il cambio rivelò tutti i suoi limiti e dovetti abbandonare il Garelli e sostituirlo con un Minarelli a corsa corta.

Con questo avevo completato al mia collezione di hand made trial bikes, continuai comunque la collaborazione con la MT che nel 1988 mi chiese di realizzare il Droid: un ciclomotore pieghevole dalla foggia inusuale, che fu esposto al Salone del Ciclo e del Motociclo di quello stesso anno.

Il prototipo non ebbe alcun esito commerciale, ma rappresentò una forma di promozione del marchio MT, a dimostrazione di come la ditta fosse in grado di fornire ai propri clienti non solo un prodotto su loro specifiche indicazioni, ma anche la progettazione dei vari particolari di un veicolo chiavi in mano. . Perché ho voluto scrivere questo?  Semplicemente perché ritengo che quando una persona dedica tanto tempo per realizzare le proprie idee che non solo la sua presunzione ha considerato valide, una piccola menzione nella storia della moto se la meriti, anche perché questo potrà essere di stimolo per tutti quanti spendono il loro tempo ed il loro denaro per realizzare ciò che hanno nella loro testa .

La scuola motociclistica italiana è nata ed è cresciuta grazie a tante idee di tante persone che hanno saputo realizzarle con grande tenacia e passione, e la validità tecnica  di queste opere non sempre ha avuto riscontro nel campo produttivo e commerciale, ma il successo è spesso determinato da altri differenti fattori contingenti.

Ora mi dedico alle moto d’epoca trasformando le motociclette degli anni ’60 in moto da fuoristrada, un po’ come facevano tanti appassionati a quei tempi, ed è così che ho creato il Luisin su base Gilera (scheda tecnica)202 del ’64(secondo classificato nella Coppa delle Sei Nazioni del 1998)

e lo Siloko su base Guzzi Stornello ’63

Recentemente ho ricevuto da parte di Roberto Inzoli una richiesta un po’ particolare, voleva una Ossa per partecipare alle gare d’epoca preparata a sua misura…. logicamente mi sono subito gasato e messo all’opera: alla fine ho progettato una moto praticamente nuova, che ho battezzato PATANEGRA.
La moto è stata realizzata in massima parte con pezzi originali Ossa: il telaio è formato dall’unione di due telai differenti, il diagramma del motore è stato modificato con l’aggiunta di due travasi, lo scarico è stato realizzato ad hoc, come la cassa filtro ed il silenziatore.
La moto è già stata utilizzata ed apprezzata sui campi di gara partecipando anche ad alcune importanti manifestazioni all’estero.

Se la mia storia Vi ha interessato. ne sono orgoglioso e Vi ringrazio per l’attenzione, e di ringraziare non finirò mai coloro che hanno creduto in ciò che ho fatto e la cui stima mi ha ripagato più di qualunque altra cosa: MT, Olisald, Elf, Domino, Akront, Grimeca, e tanti, tanti altri appassionati.

Emilio Carra